11.000 euro per non insegnare!
È questo il prezzo da pagare per proteggere i giovani padani dall’indottrinamento di un vecchio punk anarco-bolscevico con problemi di insofferenza a li baroni: il doppio del pagamento del corso. Si chiude così un lungo contenzioso tra me e l’Amministrazione per le irregolarità commesse il 6 giugno 2007 dai membri del Consiglio di Facoltà di Economia, nell’assegnazione dei corsi scoperti, cui è seguito il mio ricorso al Presidente della Repubblica e il Decreto di quest’ultimo di accoglimento della mia istanza (DPR del 17 giugno 2009).
Alla fine, l’Università di Brescia ha quindi pagato il corso tre volte: due a me, per non averlo tenuto, e una al Professor AngeloSantagostino, per averlo tenuto senza possedere i titoli richiesti. Una bella spesa inutile per un'Amministrazione pubblica con vincoli di bilancio sempre più stringenti (e una bella fregatura per gli studenti costretti a seguire corsi sempre più dequalificati). Ma per certi nobili motivi (impedire che un insegnante brutto insegni cose brutte), i soldi si trovano sempre. E io, che rischiavo di perdere lo stipendio per un anno a causa del procedimento disciplinare intentato contro di me dal Magnifico Rettore, incasso ora 11 pali per non aver lavorato. La logica baronale produce anche questo. E così sia. (qui il contratto di transazione).
Le mie scuse a quanti buttano il sangue per arrivare a fine mese e un doppio marameo ai portaborse che tengono i corsi a titolo gratuito sperando di accumulare punti-carriera agli occhi dei loro baroni-protettori.
Sì, lo so, avrei potuto spedirvela per posta o per email. Ma mi piace troppo l’idea che per leggerla, dobbiate venire sul mio sito. Perché lo so che lo fate e so anche che segnalate tempestivamente ai piani alti ogni aggiornamento: all’Ufficio legale ormai ci conosciamo.
Cari “colleghi”, voglio ringraziarvi tutti.
Per prima, ringrazio la Professoressa Maria Grazia Speranza, all’epoca (2007/08) Preside della Facoltà, per aver proposto in Consiglio di Facoltà una delibera illegittima, che ho potuto impugnare davanti al Presidente della Repubblica.
Non era la prima volta che lo faceva. Già l’anno prima avevo infatti depositato un ricorso al Tar della Lombardia, su una questione praticamente identica: il Consiglio di Facoltà mi aveva escluso, all’unanimità, da un insegnamento cui avevo diritto, per affidarlo ad altra docente, la dottoressa Maria Laura Parisi, priva dei titoli necessari.
In quell’occasione, siccome la cosa andava avanti da anni, avevo anche portato in Consiglio il bando e il Decreto ministeriale che stabilisce le affinità tra settori scientifico-disciplinari, leggendone i passaggi rilevanti e chiedendone formalmente l’acquisizione agli atti. Prima di aprire un contenzioso, ci tenevo a precisare ai membri del Consiglio le norme che stavano violando. Mi ascoltarono con la stessa attenzione con cui si guarda la pubblicità prima del film. Dopodiché, votarono tutti la delibera della Preside, che violava apertamente i contenuti del decreto. Di lì il mio ricorso al Tar.
La Professoressa Speranza, ovviamente, non si era lasciata intimorire dal mio ricorso, equivalente, secondo la logica accademica, ad un attacco frontale contro le regole non scritte dell’università. Senza indugio, ha dunque proposto anche l’anno dopo la stessa delibera illegittima.
Ma qualcosa stava cambiando. Per la prima volta, infatti, in Consiglio di Facoltà si è svolta una vera votazione: non più, come di consuetudine, “Contrari? Astenuti? Approvato al’unanimità!” – modello ingiustamente associato al nome dell’Onorevole Rosi Mauro, solo perché pensò che, anche al Senato della Repubblica, è così che si vota quando c’è in ballo l’università (guardalo è bellissimo) – bensì mani alzate e doppio conteggio.
Conosco un po’ il funzionamento del Consiglio di Facoltà perché per un periodo ne sono stato membro (prima che i Direttori di Dipartimento decidessero che, per il bene comune dell'accademia, i rappresentanti dei ricercatori dovevano suggerirceli loro, incontrando ovviamente la piena approvazione dei miei "colleghi"): eppure non ricordo di altre delibere di questo tipo passate a maggioranza. Forse quel ricorso al Tar dell’anno prima aveva ingenerato prudenza in alcuni docenti, portandoli a votare contro una delibera di dubbia liceità, che ancora una volta mi escludeva da un insegnamento che mi spettava. O forse questi menscevichi d’accademia avranno voluto dare un segnale politico, per far capire ai colleghi che anche alle discriminazioni c’è un limite.
Ma che importa, devono essersi detti i baroni più intransigenti: i tempi del Tar sono lunghi e non c’è fretta di modificare le prassi interne e la concezione stessa dell’autogoverno universitario. Che ricorra di nuovo al Tar quest’intruso, questo sovversivo antiaccademico e anticapitalista, così attento alle leggi dello Stato. Intanto però continuiamo a fare come ci pare.
È lì che vi ho fregati: il ricorso stavolta l’ho presentato al Presidente della Repubblica, dove i tempi sono ben più corti. E infatti: veni, vidi, vici. E ora che avete preso la batosta da quel comunista di Giorgio Napolitano, con tanto di parere del Consiglio di Stato, ho la sensazione che ad attendere trepidanti la sentenza del Tar, per l’altro ricorso – quello contro la dottoressa Parisi – siamo rimasti solo io e il mio capital allocation manager. A proposito, quanto lo pagavate il corso quell’anno?
Un ringraziamento speciale lo devo anche all’allora Direttore del Dipartimento di Scienze economiche, Professor Carlo Scarpa, attento coordinatore delle domande di affidamento degli n-1 membri del Dipartimento, prima che arrivino in Consiglio di Facoltà.
Senza un attento coordinamento nell’attribuzione dei corsi scoperti (che per legge avviene per concorso, non per accordi ex ante), il Consiglio di Facoltà avrebbe ben altra mole di lavoro nelle sedute in cui si stabilisce chi insegna cosa. E invece, come per miracolo, ogni anno, su ogni corso scoperto giunge una sola domanda. Con un’eccezione, ovviamente: i corsi del mio settore scientifico-disciplinare, per i quali giungono due domande, la mia e quella del docente cui è destinato il corso. Agli ingenui e ai moralisti, la cosa può apparire antipatica o ingiusta. Di fatto, però, il lavoro preliminare del Professor Scarpa – superato per maestria solo dal suo successore, il Professor Paolo Maria Panteghini – mi fa risparmiare un sacco di tempo quando preparo i ricorsi, essendoci a quel punto un solo rivale da sconfiggere.
Sono poi in debito nei confronti dei baroni – soprattutto delle baronesse – che fanno della mia persecuzione una questione personale e che per i loro capricci costringono le autorità accademiche del momento a compiere passi falsi. Anche se preferiscono mandare avanti gli altri, senza il loro martellante lavoro dietro le quinte non saremmo mai arrivati a prevaricazioni così palesi da spalancare le porte dei tribunali.
Agli altri membri del Dipartimento e della Facoltà va invece un ringraziamento solo ordinario. Nessuna vera iniziativa da parte loro: solo la passiva obbedienza a presidi, direttori e baroni, anche in presenza di fondati sospetti di illegittimità delle loro richieste. Soldatini, niente di più. Senza i quali tuttavia oggi non incasserei un compenso per il non-lavoro.
Ovviamente, ricorsi e decreti non hanno intaccato una prassi consolidata. Il nuovo Preside di Facoltà, Professor Claudio Teodori, ha infatti aperto il Consiglio del 21 ottobre 2009, comunicando che “è stato accolto il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, presentato dal dott. Giulio Palermo. … dall’esito di tale ricorso emerge che la competenza per la definizione dei settori affini è demandata esclusivamente al Ministero (D.M. 4 ottobre 2000)” (verbale del Consiglio di Facoltà n. 332).
Ma poi non se l’è sentita di interrompere la tradizione consiliare e, appena s’è posto di nuovo il problema degli incarichi didattici, ha ricominciato anche lui: “Contrari? Astenuti? Approvato all’unanimità!”.
Di seguito, l’elenco dei corsi attribuiti dal Consiglio di Facoltà in modo illegittimo, attraverso la rideterminazione delle affinità tra settori scientifico-disciplinari, successivamente al
Decreto del Presidente della Repubblica e alla comunicazione del Preside.
CORSI IMPARTITI NELL'A.A. 2010/11
DOCENTE |
SETTORE SCIENTIFICO-DISCIPLINARE DEL DOCENTE |
INSEGNAMENTO |
SETTORE SCIENTIFICO-DISCIPLINARE DELL’INSEGNAMENTO |
DELIBERA |
Eugenio Brentari (Professore ordinario) |
SECS-S/01 Statistica |
Sistemi TQC |
SECS-S/03 Statistica economica |
Verbale n. 337, del 28 aprile 2010
(Carichi didattici obbligatori) |
Rosella Levaggi (Professoressa ordinaria) |
SECS-P/03 Scienza delle finanze |
Economia dell’ambiente |
SECS-P/01 Economia politica |
|
Terenzio Maccabelli (Professore associato) |
SECS-P/04 Storia del pensiero economico |
Storia della globalizzazione |
SECS-P/12 Storia economica |
|
Daniele Maffeis (Professore associato) |
IUS/01 Diritto privato |
Diritto dei contratti di impresa |
IUS/04 Diritto commerciale |
|
Luigi Riva (Professore associato) |
SECS-S/04 Demografia |
Statistica sociale |
SECS-S/05 Statistica |
|
Luigi Riva (Professore associato) |
SECS-S/04 Demografia |
Statistica economica |
SECS-S/03 Statistica economica |
|
Paola Zuccolotto (Professoressa associata) |
SECS-S/01 Statistica |
Statistica aziendale |
SECS-S/03 Statistica economica |
|
Mario Gorlani (Professore associato) |
IUS/09 Istituzioni di diritto pubblico |
Diritto amministrativo |
IUS/10 Diritto amministrativo |
(Affidamenti volontari retribuiti) |
Mario Gorlani (Professore associato) |
IUS/09 Istituzioni di diritto pubblico |
diritto degli enti locali |
IUS/10 Diritto amministrativo |
|
Matteo Treccani (Ricercatore) |
IUS/01 Diritto privato |
Diritto del turismo |
IUS/05 Diritto dell’economia |
|
Chiara Dalle Nogare (Ricercatrice) |
SECS-P/01 Economia politica |
Economia dei beni culturali |
SECS-P/06 Economia applicata |
|
Carlo Filippi (Professore associato) |
MAT/09 Ricerca operativa |
Idoneita’ informatica |
INF/01 Informatica |
|
Silvia Golia (Ricercatrice) |
SECS-S/01 Statistica |
Statistica economica internazionale |
SECS-S/03 Statistica economica |
|
Eugenio Brentari (Professore ordinario) |
SECS-S/01 Statistica |
Sistemi per il crm |
INF/01 Informatica |
CORSI IMPARTITI NELL'A.A 2011/12
DOCENTE |
SETTORE SCIENTIFICO-DISCIPLINARE DEL DOCENTE |
INSEGNAMENTO |
SETTORE SCIENTIFICO-DISCIPLINARE DELL’INSEGNAMENTO |
DELIBERA |
Eugenio Brentari (Professore ordinario) |
SECS-S/01 Statistica |
Sistemi per il CRM |
SECS-S/03 Statistica economica |
Verbale n. 347, dell’11 maggio 2011
(Carichi didattici obbligatori) |
Daniele Maffeis (Professore ordinario) |
IUS/01 Diritto privato |
Diritto dei contratti di impresa |
IUS/04 Diritto commerciale |
|
Terenzio Maccabelli (Professore associato) |
SECS-P/04 Storia del pensiero economico |
Storia della globalizzazione |
SECS-P/12 Storia economica |
|
Chiara Dalle Nogare (Ricercatrice) |
SECS-P/01 Economia politica |
Economia dei beni culturali |
SECS-P/03 Scienza delle finanze |
Verbale n. 348, del 15 giugno 2011
(Affidamenti volontari retribuiti) |
Carlo Filippi (Professore associato) |
MAT/09 Ricerca operativa |
Idoneita’ informatica |
INF/01 Informatica |
CORSI IMPARTITI NELL'A.A 2012/13
DOCENTE |
SETTORE SCIENTIFICO-DISCIPLINARE DEL DOCENTE |
INSEGNAMENTO |
SETTORE SCIENTIFICO-DISCIPLINARE DELL’INSEGNAMENTO |
DELIBERA |
Daniele Maffeis (Professore ordinario) |
IUS/01 Diritto privato |
Diritto dei contratti di impresa |
IUS/04 Diritto commerciale |
Verbale n. 355, del 4 aprile 2012
(Carichi didattici obbligatori) |
Carlo Filippi (Professore associato) |
MAT/09 Ricerca operativa |
Idoneita’ informatica |
INF/01 Informatica |
|
Terenzio Maccabelli (Professore associato) |
SECS-P/04 Storia del pensiero economico |
Storia della globalizzazione |
SECS-P/12 Storia economica |
Tutto sommato, il fatto che da anni mi abbiate anche escluso dal vostro Consiglio va a finire che mi torna utile. E sì, perché ai fini della legge, non sono i nomi che compaiono in questi elenchi che contano. Bensì il fatto che quelle delibere le avete approvate tutte all'unanimità!
Il vostro sforzo per rientrare nella legalità è comunque innegabile, perché prima del mio ricorso eravate veramente in troppi ad insegnare quello che vi pareva, invece delle materie di vostra competenza. E poi sono sicuro che, se mai un giudice esaminerà i vostri illeciti, apprezzerà senz'altro la graduale riduzione, di anno in anno, del numero di corsi attribuiti in modo illegittimo, a riprova che ce la state mettendo veramente tutta.
Perché noi universitari abbiamo i nostri tempi e i giudici lo sanno. Io per esempio sono anni che rubo al supermercato. Ma non lo faccio mica di nascosto. Tanto se mi beccano c’ho già la risposta pronta: e dai, ancora qualche anno e poi smetto. Forse.
***
Fin qui ho cercato di esporre i fatti - che a me sembrano di una certa gravità - limitandomi all'episodio incriminato. Dubito tuttavia che il lettore non accademico riesca a spiegarsi come i più illustri scienziati possano incappare in sviste così palesi. Nel breve racconto che segue, provo a fornire qualche elemento relativo alla logica accademica da cui nascono questi illeciti.
Da quando lavoro all’Università di Brescia, ho preso atto che il Consiglio di Facoltà di Economia attribuisce la titolarità degli insegnamenti senza tenere minimamente conto delle competenze dei docenti di ruolo, definite, per legge dello Stato, dal settore scientifico-disciplinare di inquadramento. Abusando dei propri poteri, il Consiglio – quasi sempre con delibera unanime – ridetermina infatti liberamente le affinità tra settori, secondo le convenienze del caso.
La formula magica utilizzata per trasformare un docente afferente ad un particolare settore scientifico-disciplinare – che può insegnare una rosa ampia, ma non infinita, di materie – in un tuttologo della scienza, in grado di insegnare qualsiasi materia, è sempre la stessa: “Il Consiglio di Facoltà dichiara altresì l’affinità tra i due sopra citati settori scientifico-disciplinari (quello del docente e quello del corso scoperto, ndr), vista la convergenza delle due discipline rispetto all’oggetto e al programma specifico dell’insegnamento di cui alla delibera”.
Una formula curiosa: impenetrabile alla logica, inspiegabile dalla scienza e intelligibile solo a maghi e stregoni d’accademia. Se infatti nel bando di affidamento dei corsi è scritto che “possono presentare domanda solo i docenti inquadrati nello stesso settore scientifico-disciplinare del corso messo a bando o in settore affine”, come può il Consiglio di Facoltà rideterminare le affinità DOPO aver ricevuto le domande dei candidati? Come possono esserci domande di candidati di altri settori? Ma non lo sanno leggere il bando i docenti che fanno domanda? Se non sei del settore richiesto o di un settore affine, la domanda non la puoi fare, punto. E quelli che valutano le domande almeno lo leggono il bando? (Scusate la ripetizione: sono le stesse persone).
Non ci vuole la laurea in giurisprudenza per capire che le domande dei docenti inquadrati in settori non affini sono semplicemente nulle: non dovevano essere inoltrate e non potevano essere accolte. Anche perché – salto dalla legge alla logica – che ne è di tutti gli altri docenti che hanno rispettato il bando e che non hanno fatto domanda? Se avessero saputo che il Consiglio di Facoltà ridefinisce le affinità ex post, dopo la presentazione delle domande, anche loro magari si sarebbero candidati. Dai, legge o logica, un significato ce lo dovrà pur avere quel “possono presentare domanda solo i candidati …”.
I principi logici e giuridici non sono però universali e alla Facoltà di Economia dell'Università di Brescia questo lo sanno tutti. Il mio ragionamento, infatti, sembra filare solo perché adottiamo canoni logici rimasti fermi ad Aristotele e Cartesio. I miei "colleghi" invece, così attenti alla “convergenza tra le discipline”, hanno segretamente deliberato una convergenza anche tra Cartesio e Mago Silvan.
Il Consiglio di Facoltà di Economia, col suo voto, può infatti imporre qualsiasi principio e rendere vera qualsiasi assurdità. L’argomentazione, in Consiglio, è solo un esercizio retorico. Poi si vota.: "Contrari? Astenuti? ...". In Consiglio di Facoltà si possono votare anche le leggi della fisica. E se una maggioranza precostituita stabilisce che la forza di gravità non esiste, tutti assieme si mettono a volare. Per questo le domande nulle le presentano in molti. Tanto poi, sim-sala-bim, e il vizio insanabile se lo sanano da soli. E a questo punto le domande sanate magicamente diventano anche quelle con maggiori probabilità di spuntarla in caso di testa a testa con domande regolari, essendo già in origine le sole rispettose della logica magica dei valutatori.
Tanti docenti hanno beneficiato di questa prassi illegittima. Uno solo invece ne ha pagato il prezzo: io. (Ovviamente il prezzo maggiore l'hanno pagato gli studenti, costretti a sorbirsi corsi tenuti da persone incompetenti … ma di loro non ce n'è mai fregato niente).
Negli ultimi anni, molti membri della Facoltà hanno assunto la titolarità di corsi non compresi nel proprio settore scientifico-disciplinare, scansando quelli di loro competenza. Alcuni di loro hanno anche insegnato, in uno stesso anno, corsi che richiedono inquadramenti diversi, incompatibili tra loro. Altri vanno e vengono dai settori scientifico-disciplinari a seconda dei corsi che di anno in anno vogliono insegnare o del campo in cui vogliono apparire esperti.
Solo in pochi hanno preso sul serio il problema – non proprio secondario per un’istituzione che ha per missione la ricerca e l’insegnamento – chiedendo al Ministero di poter cambiare settore scientifico-disciplinare, in modo da poter insegnare stabilmente materie per le quali non hanno mai passato un concorso (che poi, guarda caso, sono proprio le materie che vorrei e potrei insegnare io). Beh, mi son detto, almeno questi provano a fare le cose per bene.
Macché. Quando il Ministero ha negato loro il cambiamento di settore (ritenendo forse che quella convergenza tra discipline, più volte deliberata dal Consiglio di Facoltà, in realtà è solo aria fritta) è prevalsa di nuovo l’onnipotenza del Consiglio. Con la sua formula magica, a prova di leggi del Parlamento e di decreti del Ministero, il Consiglio di Facoltà ha ridato loro l’autorizzazione ad insegnare quello che vogliono (questo vale per i baroni) o quello che i loro referenti predispongono per loro (se si tratta di portaborse). Insomma, il Ministero dice di no e loro stessi si dicono di sì. Un po’ come i miei figli quando mi chiedono il permesso di mangiare le caramelle prima di cena.
Per tanti anni questi problemi hanno riguardato solo il rapporto dei miei "colleghi" con le leggi dello Stato. Li segnalo oggi per dovere d’ufficio, ma non sono mai stati la mia priorità esistenziale. All’epoca, sarebbe bastato non utilizzare contro di me la loro formula magica, che consente di spaziare comodamente nei diversi settori scientifici, e io avrei continuato a fare felicemente il mio mestiere: l’economista. E invece no, i tuttologi della scienza hanno preteso che anche io allargassi i miei orizzonti scientifici e, a completamento della mia formazione, hanno previsto per me una specializzazione in diritto amministrativo.
Sapevano bene che non potevano costringermi: sono un ribelle. Allora hanno usato la formula magica, quella che funziona sempre, per attribuire i corsi, ma anche per far nascere i ricorsi. Per il mio bene e per l’unitarietà delle scienze sociali, mi hanno dunque privato dei corsi di economia che mi spettavano, per testare la mia versatilità scientifica e vedere come me la cavavo in campo giuridico.
Non mi sarei mai aspettato di studiare le leggi per chiederne l’applicazione. Non è così che concepisco la lotta politica. Ma le sfide e le provocazioni le accetto tutte, per superficialità caratteriale. Così mi sono studiato i codici e sono diventato un esperto di diritto amministrativo, come volevano i baroni di facoltà, e oggi tanti aspiranti universitari e una manciata di universitari falliti si rivolgono a me per qualche consiglio. E già perché l’antidoto alle formule magiche baronali è sempre lo stesso: si chiama ricorso amministrativo. In Consiglio prevale la magia, nei tribunali amministrativi vale la legge.
I ricorsi amministrativi sono sempre difficili e costosi e si rischia di perderli per vizi di forma anche quando nella sostanza si ha ragione. Per questo, di regola, li faccio solo quando vado a botta sicura, o quasi. In questo caso, invece, c’erano dei rischi oggettivi: l’Università di Brescia è tenuta veramente a rispettare le leggi dello Stato o è un’entità extraterritoriale, come le basiliche, le ambasciate e le basi militari straniere? Che rapporto esiste tra i poteri magici dei suoi organi di autogoverno e il potere legislativo dello Stato? In caso di scontro, può il Consiglio di Stato italiano imporsi sul Consiglio di Facoltà di Economia dell’Università di Brescia?
Quesiti di facile risposta, a giudicare dalla sicurezza con cui da tanti anni il Consiglio di Facoltà prende le sue decisioni.
Insomma, ho avuto paura. Ma come dice Zorba – il gatto che insegnò a volare alla gabbianella – “vola solo chi osa farlo”. Violando le mie stesse regole, ho dunque sfidato la sorte, ho fatto ricorso e, contro ogni pronostico, ho vinto!
Il Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, recependo integralmente il parere del Consiglio di Stato, ha stabilito infatti che “L'autonomia decisionale di un Ateneo non può spingersi fino alla predeterminazione dei criteri generali di omogeneità scientifica e didattica, che rimangono di competenza ministeriale.”
Che significa? Che d’ora in avanti, per escludermi da un insegnamento non sarà più sufficiente mandare avanti un portaborse fidato, anche se privo delle dovute competenze. Ora dovranno esporsi in prima persona i docenti del mio stesso settore scientifico-disciplinare e la Facoltà dovrà escogitare altri modi per escludermi dagli insegnamenti di mia competenza.
Ma del modo di gestire gli eretici che si rifiutano di bruciare sul rogo baronale i miei "colleghi" ne discuteranno con calma, nelle apposite sedi (negli uffici dei capi-baroni). Ora però il problema riguarda loro – vassalli, valvassori, valvassini, servi della gleba, finti ingenui e mi-faccio-i-fatti-miei – perché sono in molti a dover rivedere i propri carichi didattici. A cominciare dal Professor Angelo Santagostino, cui il Consiglio di Facoltà aveva illegittimamente assegnato il corso di Teorie economiche della globalizzazione, corso che secondo il Consiglio di Stato spettava invece a me. E accanto a lui, dovranno rivedere i loro piani didattici anche tutti quelli che, “per quieto vivere” (il loro ovviamente, non certo il mio), hanno consentito che io fossi privato degli insegnamenti cui avevo diritto, senza rendersi conto che loro per primi avevano qualcosa da rimetterci.
Perché questa è la cosa più bella: che in una Facoltà di economisti, giuristi e matematici che si riempiono la bocca di eccellenza e che pretendono di spaziare ben oltre i limiti delle loro vere competenze, i lavori del Consiglio di Facoltà sembrano frutto di persone che non conoscono nemmeno l’abc delle loro stesse discipline.
Le contraddizioni maggiori sono degli economisti. Nei loro modelli teorici, assumono agenti con capacità di calcolo illimitate, che perseguono meticolosamente il loro tornaconto personale. In Facoltà, però, preferiscono la logica accademica a quella economica: i cani sciolti, secondo loro, possono essere bastonati a piacimento, anche solo per accontentare il barone di turno che contro di loro ha indetto una crociata. E la teoria dell’utilità su cui si fonda tutta la loro scienza economica? Se si facevano due conti sulla loro convenienza personale, prima di costringermi a fare ricorso, lo capivano da soli che ci avrebbero rimesso. E già perché quella stessa violazione che consentiva loro di escludermi dagli insegnamenti, la utilizzavano anche per assegnare a se stessi corsi che non potevano tenere. Conveniva tenerlo chiuso il calderone, non ci voleva mica tanto a capirlo. Aspettative razionali, previsioni perfette, teoria dei giochi non cooperativi, massimizzazione intertemporale dell’utilità … e poi fanno 'ste cazzate!
Forse contavano sui colleghi giuristi, i cui meriti scientifici sono però equivalenti ai loro. Chi, in effetti, se non un docente di diritto, doveva spiegare che una volta che il giudice si pronuncia sulla legittimità dei criteri adottati in Consiglio di Facoltà, questi dovranno poi applicarsi a tutti, compresi i baroni? E invece, anche loro, appena varcata la soglia del Consiglio, mettono da parte la loro logica, quella giuridica, per abbracciare quella accademica: al barone X, non piace Palermo? Diamo il corso a un altro. E se poi quello fa ricorso? E vabbuò, poi si vede. Alla Capitan Schettino.
Infine, la Facoltà vanta matematici e probabilisti di sicuro prestigio interno, specializzati nella risoluzione di complessi problemi stocastici di ottimizzazione dinamica, applicati ad ogni campo delle relazioni umane. Nessuno di loro tuttavia sembra essere a conoscenza di una delle più elementari leggi probabilistiche dell’anatomia umana: quando si applica una forza costante contro le palle di un uomo, la probabilità che questi si incazzi tende a 1. Questa legge non si può modificare, nemmeno per magia o per votazione. È così, non ci si può fare niente.
L’unitarietà delle scienze sociali, cari "colleghi", non si afferma mettendo in una stessa stanza imbellettata (la sala del Consiglio) economisti, giuristi e matematici, né individuando un nemico comune come strumento di coesione accademica. Dovevate parlarvi. Non da eccellenti tuttologi, quali cercate di apparire, ma da umili scienziati quali siete, dal sapere parcellizzato, come vuole quest’università mercificata che voi tutti difendete. Se voi economisti aveste calcolato la perdita di utilità cui andavano incontro i docenti abituati ad insegnare corsi di altri settori; se voi giuristi aveste spiegato che la prassi illegittima adottata in Consiglio sarebbe diventata inattuabile dopo un pronunciamento del tribunale; se voi matematici aveste ricordato il teorema stocastico dell’anatomia umana ... insomma, se conoscevate le materie per le quali avete vinto un concorso (non tocchiamo qui questo tasto, ché lo sapete che reagisco male!), il problema si risolveva da solo: mi davate un corso come a tutti gli altri ricercatori.
Vi auguro quindi buono studio. Perché ora siete voi che dovete mettervi a studiare per le nuove materie che dovrete insegnare.
POST SCRIPTUM
Ehm, mi sono sbagliato. Il ricorso in effetti l'ho vinto. Però i rapporti tra lo Stato italiano e la Facoltà di Economia dell'Università di Brescia non sono così lineari come pensavo.
È vero, l’Università di Brescia è tenuta a rispettare le leggi dello Stato. Non è come le basi militari americane che godono del principio di extraterritorialità. I giudici del Consiglio di Stato sono venuti di persona a constatarlo: qui gli studenti non strillano “yankee go home!”, ma “baroni a baita!”. Perciò nessuna scusa: la Facoltà di Economia dell'Università di Brescia sta veramente in Italia. La minoranza indigena di sesso maschile la chiama Padania, al solo fine di facilitare l'erezione, ma è sempre Italia. Ricorso vinto e danni risarciti.
Meno chiari sono però i rapporti di potere tra Consiglio di Stato e Consiglio di Facoltà di Economia dell'Università di Brescia. Come dicevo, infatti, dopo che il primo si è espresso, il secondo ha continuato ad operare come prima. Non più per sfidare la forza di gravità e un giovanotto indegno della sua carica, ma a questo punto come affronto diretto ai poteri dello Stato.