Leggo allibito le reazioni di buona parte della sinistra italiana, compresa quella che si crede radicale, al risultato delle elezioni legislative francesi e, siccome in questo paese di merda (né più, né meno dell’Italia) ci vivo, anche se non ci voto, dico anch’io la mia.
Il loser della sinistra borghese transalpina aggiunge un altro blocco alla sua blockchain di sconfitte e tanti compagni italiani esultano per i risultati della “sinistra radicale francese”, sognando che anche il proprio partitino da prefisso telefonico possa arrivare a sconfitte come si deve, come quelle francesi, con numeri a due cifre!
Dopo essere riuscito a regalare il ballottaggio per le Presidenziali alle principali forze che intendeva combattere, capeggiate da Macron e Le Pen, Mélenchon ha perso anche le elezioni legislative, da cui si attendeva il grande riscatto: meno di un elettore su due è andato alle urne e la maggioranza di quelli che l’hanno fatto ha preferito un’altra volta Macron a Mélenchon (che è arrivato secondo, a un pelo dal primo, ma secondo!).
Su 10 aventi diritto al voto, si sono espressi in quattro: in effetti, oltre alle astensioni, le schede bianche e i voti nulli, in Francia, l’iscrizione sulle liste elettorali non è automatica e gli aventi diritto che non fanno la domanda di iscrizione non sono computati nelle percentuali di voto. Di questi quattro elettori, solo uno ha votato a sinistra.
Questi sono i due dati che preoccupano i compagni che fanno politica in Francia quando si discute di elezioni. E invece, di fronte a questi due dati — che dimostrano che nessuna lotta è possibile in un mondo di soggetti apatici e individualizzati — la sinistra italiana festeggia e sogna che un mondo migliore possa miracolosamente nascere al di là delle Alpi, senza sporcarsi le mani con le lotte, semplicemente attraverso il gioco elettorale, cui ormai non partecipa più nessuno.
Nelle manifestazioni continue e partecipate contro le misure coercitive imposte dal governo Macron in questi ultimi due anni di “lotta al covid”, La France Insoumise ha preferito non prendere posizione fino all’ultimo. I compagni che incrociavamo nelle piazze, ci spiegavano che venivano a titolo personale, senza simboli né bandiere, questa era l’indicazione di partito. Andare contro la narrazione dominante e criticare i reali interessi in campo non è sembrato politicamente conveniente alla leadership della principale forza di sinistra in Francia.
Le prime critiche alla politica governativa sono arrivate solo quando si è cominciato a parlare di elezioni. Solo a quel punto il condottiero delle sconfitte ha capito che forse per scalzare il governo bisognava dire qualcosa di antigovernativo. Non qualcosa di sinistra, beninteso, giusto di antigovernativo. Peccato, che quelle stesse cose antigovernative le avesse appena dette qualche giorno prima, con più forza e chiarezza, proprio la leader dell’estrema destra.
Sulla Russia, dopo aver strizzato l’occhio a Putin quando non serviva a niente, non appena il gioco si è fatto duro, Mélenchon è subito rientrato nei ranghi: “Putin non è il mio modello” e poi non si invadono i paesi confinanti, non è di sinistra!
La Francia le sue guerre le fa in Africa, in Asia e in giro per il mondo in quello che resta del suo impero coloniale. Quando l’allora presidente Sarkozy decise di radere al suolo la Libia di Gheddafi e assassinare brutalmente uno degli uomini più stimati e rispettati dai popoli arabi e africani in lotta, il buon Mélenchon espresse solidarietà al governo Sarkozy. Perché Gheddafi era diventato un dittatore, l’aveva deciso l’Occidente la settimana prima di iniziare i bombardamenti.
Zelensky invece, per la sinistra come per la destra, in Francia come in Italia, come in tutti i paesi Nato, è il nuovo depositario della democrazia ucraina post-golpe: una marionetta perfettamente sconosciuta ai popoli in lotta, comandata a distanza direttamente dal Pentagono. Lui non va eliminato, va armato, finanziato e mandato allo sbaraglio, giusto per fare dispetto a Putin. Anche se poi, a ben vedere, il dispetto principale è ai paesi dell’Unione Europea, che pagano il conto della sudditanza agli Stati Uniti.
Ma la sinistra francese, italiana ed europea non parla di rapporti sociali, sfruttamento economico e lotta di classe ma di questioni morali, di democrazia e di bene comune. Dopo che hanno calpestato i nostri diritti, armato dei nazisti e annientato il movimento dei lavoratori, ora ci chiamano a lottare, tutti assieme, contro le invasioni nemiche. Prima, l’invasione degli ultracorpi: l’umanità intera paralizzata dal terrore di un’entità senza vita e senza cervello; poi, quella dei carri armati con la Z, comandati da un uomo pazzo, malato e spietato.
Questa è la sinistra che spera di arrivare al potere cavalcando le mistificazioni invece che facendo il suo lavoro: quello di criticare la narrazione dominante, costruita per difendere gli interessi del capitale, spiegare i reali interessi in campo — del proprio campo e del campo nemico — e definire una strategia di lotta che, prima ancora che a vincere le elezioni, miri a ricostruire l’identità di classe dei lavoratori.
Io non lo so che c’avete da esultare ogni volta che perdete. Ma se questo è il senso critico con cui leggete i fatti del mondo è chiaro che non posso chiedervi nessuna autocritica sulle responsabilità dell’inesistenza di una sinistra di classe in Italia.
Dall’altra parte della barricata!
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