Barbarie!

Il 4 aprile 2020, in pieno confinamento, qui su FB scrivevo così. Direi che la biforcazione della storia ha preso il suo corso. Anche grazie a voi, compagni, cui mi rivolgevo credendo di avervi al mio fianco, invece che sul fronte avverso.

 

SOCIALISMO O BARBARIE!

 

Compagni,

 

la necessità di un coordinamento tra tutte le forze antifasciste e anticapitaliste è quanto mai urgente. Quando finalmente ci lasceranno uscire di casa — certamente non prima del 25 aprile e del 1° maggio — la rabbia popolare divamperà in ogni direzione e quello che assolutamente serve è una guida politica capace e credibile in grado di indirizzare questa rabbia in senso rivoluzionario.

 

I morti da coronavirus saranno niente in confronto ai morti di fame che già ci sono e che la crisi economica moltiplicherà per cento. Mai nella storia del capitalismo si è verificato un blocco della produzione generalizzato per interi mesi e basta conoscere l’abc dell’economia per sapere che la produzione non potrà ripartire e che si verificheranno fallimenti a catena nell’economia reale e nella sfera finanziaria.

 

Dopo mesi di inattività — in un contesto che non era certo roseo prima dell’emergenza coronavirus — nemmeno le imprese più solide potranno riprendere la produzione. Per la semplice ragione che dovranno fare i conti con fornitori che non ci sono più e vecchi acquirenti che non hanno più un euro in cassa. E il contesto internazionale non sarà certo d’aiuto, visto che gli stessi problemi produttivi ce li ha tutto il mondo a capitalismo avanzato. Per questo le banche italiane e straniere — che sulle attività produttive ci lucrano e che non si sono mai riprese dalla crisi finanziaria iniziata nel 2007 — falliranno assieme al settore industriale. Secondo Goldman Sachs, il Pil degli Stati Uniti in questo trimestre crollerà del 34% su base annua e in Europa il crollo sarà di oltre il 40%. Non il 3,4% e il 4%, che già implicherebbero una grave recessione mondiale, qui c’è uno zero in più!

 

I tempi sono stretti e il capitale finanziario lo sa. Se non si interviene in fretta salta tutto in pochi mesi. Per questo Super Mario Draghi — che tra un incarico al Ministero dell’Economia, uno a Bankitalia e uno alla Bce, usa transitare proprio per Goldman Sachs — scende in campo in prima persona: dopo aver dedicato la vita ad imporci il rigore di bilancio, ci propone oggi di rilanciare il debito pubblico come strumento per accollare allo stato l’onere dei salvataggi. Sapendo bene che questo manderà in crisi il bilancio stesso dello stato, rendendo insostenibile il debito pubblico, e creerà le condizioni materiali per completare il trasferimento del comando dell’economia alle istituzioni finanziarie sovranazionali. Le quali, fingendo di essere loro a salvare noi, attueranno i loro soliti ricatti ma questa volta su ben altra scala, facendoci rimpiangere la Grecia. Nascondendosi dietro i tecnicismi dei trattati e senza nemmeno dover passare per un finto confronto politico, ci detteranno autoritariamente le misure di tritacarne sociale affinché il capitale possa riprendere a macinare profitti.

 

Ma quale aumento della spesa sanitaria! Ci aspettano quattro giri di vite sulle condizioni di lavoro e di sfruttamento in tutti i settori dell’economia con l’azzeramento dei diritti dei lavoratori e dei servizi ai cittadini. Se il capitale ancora arranca in quella che chiamavamo la Grande recessione, nonostante l’irrigidimento sulle condizioni di sfruttamento che i lavoratori conoscono sulla loro pelle, l’accelerazione imposta da quest’emergenza economica oltre che sanitaria non lascia scampo. Perché la crisi sanitaria non fa che mostrare i limiti di un modello economico che se ne frega della nostra salute semplicemente perché se ne frega della nostra vita. Siamo solo strumenti di valorizzazione del capitale.

 

Ma un dato deve essere chiaro a tutti. Chi è veramente in crisi oggi non sono i milioni di lavoratori che da mesi non possono andare a guadagnarsi il pane ma le imprese e le banche di tutto il mondo. Perché la loro paura è che la macchina che trasforma il nostro lavoro nei loro profitti salti una volta per tutte. Sono loro che hanno i conti in rosso. E sono loro che devono correre ai ripari per non essere spazzati via dalle contraddizioni di questo sistema che per continuare a produrre ricchezza deve produrre sempre più miseria.

 

Siamo di fronte a una biforcazione della storia e mai come oggi il problema si presenta come socialismo o barbarie. Se vincono loro, dimentichiamoci non solo il diritto alla salute ma i diritti in genere. Perché per il capitale i nostri diritti sono solo fottute voci di costo nei bilanci delle aziende. Ma se vinciamo noi, ci prendiamo tutto.

 

In nome della salvaguardia dei risparmiatori e della difesa dell’occupazione, oggi vorrebbero di nuovo imporci di salvare le loro banche e le loro imprese. Ma quali risparmiatori? Si chiamano capitalisti quelli che risparmiano! E non perché siano formichine laboriose che mettono da parte per l’inverno ma perché hanno capitali a così tanti zeri che per loro è sempre estate. Noi non arrivavamo alla quarta settimana del mese prima del coronavirus e ora non arriviamo più nemmeno al quarto giorno. Cosa vogliamo risparmiare? E di quale occupazione stiamo parlando? Di quella che ci ha tagliato i salari, ci ha privato dei diritti, ci ha precarizzato la vita e ora ci lascia a casa a morire di fame per non rischiare di morire di polmonite?

 

Che falliscano tutti, le banche, le imprese e i loro padroni. Non sta a noi risolvere i problemi del capitale e non abbiamo tempo per discutere con i vecchi e i nuovi salvatori del sistema. L’urgenza ora è creare un fronte unico rivoluzionario, unito e deciso.

 

Dobbiamo organizzarci. Non è il momento dei personalismi e delle ripicche tra partiti, né tra sindacati. L’obiettivo oggi è creare un’avanguardia politico-sindacale che sappia lanciare le parole d’ordine opportune al momento giusto.

 

Sul piano finanziario, non paghiamo un bel niente, né ai creditori nazionali, né a quelli internazionali, che poi non sono i nostri amati nonni che, quando ancora le cose andavano decentemente, hanno investito qualche risparmio nei titoli di stato, ma le banche in crisi che ci sfruttano e che vorrebbero sfruttarci ancora di più. Default totale, immediato e incondizionato. Siamo l’ottava potenza economica mondiale ma la gente muore di fame. Che ce lo facciano anche a noi l’embargo! Se ce la fa Cuba, che riesce pure a mandarci gli aiuti sanitari mentre noi contribuiamo a strozzare la sua economia, ce la faremo anche noi. Invece di impoverirci sempre di più per pagare il tributo al capitale finanziario, costruiremo un sistema sanitario in cui non si muore per un virus e un sistema economico che risponda alle esigenze di chi lavora invece che a quelle dei banchieri.

 

Sul fronte dell’economia reale, smettiamola con questa stupidaggine del bene comune e dell’unità nazionale, in un paese in cui chi lavora diventa sempre più povero e chi vive di rendita e di profitti si arricchisce sempre di più, pure in tempi di crisi. A mano a mano che il capitale in crisi presenta i suoi bilanci in passivo, invece di salvargli il culo per l’ennesima volta accollando tutto allo stato, diamogli il colpo di grazia: nazionalizzazioni senza indennizzo, a cominciare dai settori strategici e da quelli che servono a soddisfare i bisogni primari della popolazione, occupazioni delle fabbriche e di tutti i luoghi di lavoro e pianificazione della produzione, prima settoriale, poi dell’intera economia.

 

Basta rivalità e scontri interni in una sinistra sempre più divisa e che non sa più dove andare. No alla logica dell’emergenza e all’unità nazionale. L’emergenza è la loro, non la nostra. E da chi ci sfrutta è meglio dividersi.

 

Le forze rivoluzionarie in Italia esistono ancora e il fascismo, l’abbiamo dimostrato, lo combatteremo sempre. Uniamoci! Costruiamo assieme un Fronte di Liberazione dal Capitale e cancelliamo dalla storia questo sistema decrepito.

 

Venceremos!

 

PS: questo non è un documento a carattere personale. Fatelo vostro, cancellate il mio nome e fatelo circolare affinché altri lo facciano loro, individualmente e collettivamente. Ma organizziamoci e prepariamoci alla lotta.

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